Sperimentazione animale

Le università, com’è noto, nell’ambito dell’esercizio delle proprie attività istituzionali, svolgono attività di ricerca con utilizzazione di animali. In Italia, prima del 1992, la sperimentazione su animali nelle Università era regolata dalla legge n. 615 del 1941. La legge conferiva ai direttori degli Istituti e Laboratori scientifici la diretta responsabilità degli esperimenti su animali che si svolgevano al loro interno. In pratica ai direttori era data totale libertà di autorizzare esperimenti su qualunque specie di animali oltre che le prove a semplice scopo didattico, salvo un generico richiamo alla condizione di inderogabile necessità posta dalla ricerca in programma, senza che fosse peraltro precisato quale ente o persona dovesse esprimere il giudizio sulla indispensabilità. Unico vincolo riguardava il titolo che autorizzava a compiere gli esperimenti che era la Laurea in Medicina e Chirurgia, in Medicina Veterinaria, in Scienze Biologiche o Scienze Naturali.
Dalla situazione appena descritta si è passati, con l’emanazione del Decreto Legislativo n. 116 del 27 gennaio 1992 ad una normativa che, riempiendo un vuoto legislativo di decenni, ha profondamente modificato le regole per l’utilizzazione degli animali nella sperimentazione creando un sistema alquanto restrittivo. Tale decreto infatti, attuativo di una direttiva comunitaria (Direttiva C.E.E. n. 86/609 del 24 novembre 1986) ha introdotto un articolato regime di autocontrollo che fa carico a qualsiasi figura di ricercatore, persona fisica o giuridica, pubblica o privata, del rispetto di precisi e complessi requisiti, limiti e condizioni stabiliti in ciascuna fase di utilizzazione degli animali. Il legislatore ha dunque voluto attribuire carattere di eccezionalità a tutto il sistema delle disposizioni che rendono lecita la sperimentazione animale, nel senso che al di fuori dei limiti e delle condizioni imposte dalla legge e con le sole deroghe dalla stessa previste, si configura l’illecito di natura amministrativa e nei casi più gravi, di natura penale.Nell’apposita sezione del sito dell’Università di Pisa si può consultare la normativa che disciplina questa delicata materia, a livello nazionale e di Ateneo.

A disposizione degli interessati la modulistica per l’obiezione di coscienza anche per gli studenti a fini didattici

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